Atac: il NO al bar e al lavoro

Proponiamo alcuni brevi ‘spunti di riflessione’ per meglio delineare in termini sintetici la nostra prospettiva in vista del voto, fermi restando i due comunicati, quello esteso/propositivo e quello politico, che articolano la nostra prospettiva e il nostro contributo specifico in vista della consultazione

Atac/11 novembre: perché votare NO

Perché NO

  • Finalmente ci libereremmo della massa di debiti accumulati da Atac negli anni ? Falso: anche se non gestisse più il trasporto pubblico dopo una eventuale gara dovrebbe comunque essere liquidata, non potendo partecipare a gare pubbliche essendo soggetta a misura concorsuale (concordato), con una voragine che colpirebbe in particolare i piccoli creditori (chirografari) cioè le piccole realtà dell’indotto, non certo le banche che si sono senz’altro premunite di garanzie sui crediti (ipoteche sugli immobili). L’unica speranza per questi soggetti è un percorso di risanamento e gestione oculata che potrebbe portare, nel tempo, a sanare le pendenze accumulate e rientrare dell’esposizione. Facile intuire cosa ciò significherebbe per il tessuto economico cittadino… Da sottolineare anche il pressoché certo deterioramento delle condizioni di lavoro per i dipendenti e il probabile ridimensionamento della forza lavoro;
  • Nel secondo quesito proposto si situa una vera e propria polpetta avvelenata nella consultazione: i servizi pubblici non di linea sono quel ‘capitalismo delle piattaforme’ (Uber, autobus low cost, riders…) che radicano il loro modello di impresa sulla disinvoltura fiscale, la deregolamentazione del lavoro e l’aggressione alle potestà regolative delle istituzioni pubbliche. Per noi di Indipendenza c’è anche un ulteriore motivo per rigettare questo tipo di operatori: esse sono espressione di quei vincoli derivanti dalla condizione di succube sudditanza dell’Italia alla filiera euroatlantica che ha reso il nostro Paese, dal secondo dopoguerra a oggi, sostanzialmente un protettorato atlantico. Nostro approfondimento
  • Proposta di ‘legalità costituzionale’: art. 43 Cost. A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. Occorre riaffermare la primazia della fonte costituzionale (quindi mettere in discussione le sovraordinate fonti UE) e lavorare per un vero e proprio esperimento di governance partecipativa e democrazia economica. Atac cioè deve essere un punto di partenza per un nuovo modo di fare impresa per la collettività e noi per questo intendiamo lavorare.
  • Problema di politica industriale relativo al rinnovo parco mezzi. Sarebbe necessario oltre al trasporto pubblico un polo pubblico per la produzione di autobus (Proposto dalla FIOM nel 2014), nell’ottica di promuovere nuove filiere economico-occupazionali e la riconversione produttiva. Oggi come oggi le forniture vanno per la sostanziale totalità all’estero, quindi ad alimentare filiere economie altrui. Senza mettere in discussione le regole UE su intervento pubblico, mercato e messa a gara (sia dei servizi che degli appalti) non si può pensare a nessun efficientamento e a nessuna riconversione. La battaglia quindi riguarda anche il più vasto tema del se/cosa/come produrre e verso quali obiettivi sociali.
  • Atac come ‘questione nazionale’: falso che il problema riguardi solo Roma. In tutta Italia il trasporto pubblico è al collasso e le esternalizzazioni/messe a gara hanno comportato solo perdite occupazionali e deterioramento del servizio Nostro approfondimento 
  • Le periferie, a parole tutelate dai promotori, sono le prime e principali vittime delle politiche austeritarie di tagli ai servizi: è paradossale che chi le ha portate al degrado attuale si proponga oggi come il ‘salvatore’…

Rinnoviamo l’invito all’iniziativa del prossimo martedì 30 ottobre all’Arci Garbatella

 

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Roghi, gare deserte e tagli: quali snodi politici dietro la ‘partita Atac’

Mentre erano in servizio, sono andati a fuoco, ieri (8 maggio 2018), a Roma, due autobus, uno in centro (via del Tritone), l’altro in periferia (via di Castel Porziano). Con questi salgono a 32 i mezzi andati a fuoco dal 2017 a tale data. Ritorna il problema della scarsa manutenzione, di mezzi molto vecchi e della relativa scarsità dei pezzi di ricambio. Tra tagli dei finanziamenti e finanziamenti pubblici a privati –nelle periferie il servizio è della privata Roma Tpl da tempo agli albori delle cronache per carenze nel servizio (corse saltate), stipendi pagati in ritardo, normative/carichi di lavoro/turni al di fuori del CCNL oltre che la mancanza del Contratto di 2° Livello– abbiamo un esempio di cosa significhino i tagli al servizio e le esternalizzazioni a società private, convenienti perché fanno risparmiare ed i lavoratori ‘costano meno’, al netto di un servizio tutt’altro che efficiente.

Nel 2014 la Fiom-CGIL lanciò l’idea di un polo pubblico per la produzione di autobus (vedasi qui , qui e qui, alla luce di quanto sta succedendo occorre riproporre tale rivendicazione: i servizi pubblici non possono né devono dipendere dagli arbitri delle multinazionali dell’automotive. È del pari evidente che lo sganciamento dai meccanismi comunitari della ‘gara’ sia un passo altrettanto ineludibile. Occupazione, riorientamento delle politiche di trasporto e tutela dei diritti essenziali dei cittadini dovranno procedere insieme.

Su Atac si gioca una grossa partita politica. Per chi, promuovendo il referendum consultivo fissato per l’autunno, intende creare un precedente ed aprire un fronte per privatizzare tutti i servizi, episodi come i due su citati vengono in queste ore utilizzati per rinforzare l’assunto ideologico che ‘pubblico’ significa inefficienza-sprechi, e che l’alternativa sia liberalizzare/privatizzare. C’è un grosso lavoro politico per spiegare la filiera dei perché (responsabilità politiche locali e nazionali, ed effetti del sistema vincolistico europeo), per rovesciare questa Grande Narrazione, per mostrare la gestione privatistica del servizio pubblico (Atac è emblematica nel suo non essere un caso isolato), per costruire una proposta effettiva di servizio pubblico.

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