Atac, a proposito di multe e assenteismo

In data 27 novembre 2018 “Il Messaggero”, in cronaca di Roma, riportava un articolo a firma di Lorenzo De Cicco dal titolo “Roma, guida al cellulare e semafori rossi: il mezzo milione di multe (non pagate) prese dagli autisti Atac” .

I fatti, risalenti al 2010/2013, vengono descritti in maniera subdola e non veritiera.
Subdola, perché si dà ad intendere che parte del debito (499.807,24 euro) è colpa degli autisti, che “non hanno pagato le multe”! La questione non sta né in cielo né in terra; vero, le multe arrivano ad Atac (proprietaria dei mezzi) e non può essere diversamente, ma immediatamente l’Azienda le fa recapitare attraverso la posta interna al responsabile del mancato rispetto del Codice della Strada. Le multe non solo venivano pagate e vengono pagate ma, a seconda della gravità della contestazione, si aggiunge un procedimento disciplinare in base al R.D. 148/31.
Nell’articolo si scrive “Scorribande col semaforo rosso, guida al cellulare, autovelox, incidenti. Ma anche macchine di servizio sorprese a sfrecciare sulle corsie preferenziali, senza lo straccio di un’autorizzazione”. Il tutto per mettere all’indice gli autisti, colpevolizzare e scaricare sul personale la “cattiva gestione”. Nessun distinguo, nessun chiarimento, nessun approfondimento! Solo per dare in pasto ai cittadini, agli utenti, un capro espiatorio!

Lo stesso meccanismo è stato applicato in riferimento al famoso “Assenteismo”.
Sempre lo stesso Lorenzo De Cicco, su “Il Messaggero” del 3 agosto 2018, “buttava giù” due righe tanto per scrivere solo ed esclusivamente contro gli autisti: “1 autista su 4 in licenza” ! Gergo militare! Si chiamano ferie o permessi! Se si scava e si vogliono scrivere fatti e notizie vere, vengono fuori situazioni in cui –è documentato (farsi dare da Atac i dati)– la maggioranza degli autisti supera i 40 giorni (gg) di ferie da “consumare” degli anni precedenti, con punte che lambiscono i 100 gg di arretrate “ferie non godute”!
Durante l’anno si maturano 26 gg più 4 gg di festività soppresse: totale 30 gg.
Tra la metà di giugno e la metà di settembre, l’azienda programma un piano ferie.
Ogni autista ha la possibilità di 2 settimane di ferie compresi i riposi; in alcuni casi (situazione rara) il massimo arriva alle 3 settimane compresi i riposi, se gli stessi riposi risultano essere di domenica! La turnazione consente una media nell’anno di 22 riposi domenicali per cui 30 domeniche sono lavorate, oltre a effettuare il turno nelle altre festività!
Nei fatti un’autista non usufruisce dei giorni di ferie spettanti annualmente!

Non contento, ecco che allora Lorenzo De Cicco va ad accusare di “assenteismo”chi si permette di richiedere “diritti” che la legge Italiana stabilisce in favore dei lavoratori, per determinate esigenze familiari! Dunque la 104 e la 151 sono leggi in favore dei fannulloni, secondo la filosofia di Lorenzo De Cicco e non solo! L’illuminato giornalista scrive testualmente: “L’assenteismo è un vecchio vizio nella partecipata dei trasporti più grande d’Italia, il tasso di forfait dal servizio, ferie escluse, scavalla il 13% da anni. Ora che l’azienda è finita sotto concordato preventivo, con la marcatura stretta del Tribunale fallimentare, l’andazzo deve in qualche modo finire”. Come si permette? Ci sono le leggi, sentenze di Cassazione che sanciscono tale diritto! Chi fa il furbo sarà perseguito come è prescritto dalle stesse leggi… per cui si vuole solo “sparare“nel mucchio! Non si può accettare l’equazione malattia=assenteismo. La percentuale delle assenze per malattia tra i conducenti si aggira intorno al 5,5%, solo che occorre puntualizzare: disturbi gastrointestinali, vescicali, mal di testa, disturbi lombosacrali, ecc… possono essere sopportabili dietro una scrivania, al chiuso, in ufficio confortevole, non di certo alla guida di un mezzo per oltre 6,30 ore continuative nel traffico di Roma, oltretutto in mancanza di servizi igienici ai capolinea!

Antonio Senes

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Uber: un esempio di ‘capitalismo delle piattaforme’

Condividiamo questa intervista a Eva Raffaella Desana su Uber come esempio di quel ‘capitalismo delle piattaforme’ che radicano il loro modello di impresa sulla disinvoltura fiscale, la deregolamentazione del lavoro e l’aggressione alle potestà regolative delle istituzioni pubbliche.

Sistemi come Uber portano all’arricchimento di compagini societarie estere, peraltro tutt’altro che trasparenti, aprendo una fase nuova e ancora più pervasiva di sudditanza per il nostro tessuto economico e sociale.
Per Indipendenza c’è infatti questo ulteriore motivo per rigettare tale tipo di operatori, espressione di quei vincoli derivanti dalla condizione di sudditanza dell’Italia alla filiera euroatlantica che ha reso il nostro Paese, dal secondo dopoguerra a oggi, sostanzialmente un protettorato atlantico.

Con questo spirito ci siamo opposti anche al secondo quesito del referendum civico sul trasporto pubblico a Roma, lo scorso 11 novembre, e oggi continua la nostra rivendicazione per un trasporto pubblico di qualità e al servizio della cittadinanza.

 

Verso il voto: le ragioni del NO al referendum Atac

Atac: noi non smobilitiamo!

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Insieme per ricostruire il servizio pubblico di trasporto – trasformare Atac in Azienda Speciale – aprire il Comune alla partecipazione di lavoratori e utenti – iniziative del Comitato promotore

Il 23 novembre 2018 si è svolto un secondo appuntamento [in via Giolitti 231 per il primo vedi qui], in cui si sono incontrati comitati, associazioni, persone che hanno operato per il NO alla messa a gara del trasporto pubblico di linea e non di linea, proposta dal Referendum dell’11 novembre scorso. Hanno convenuto, superato lo scoglio della privatizzazione del servizio che poneva su di un binario sbagliato e negativo la soluzione dei problemi di ATAC, di dare seguito alle indicazioni emerse nel corso della campagna referendaria per ricostruire un servizio di trasporto pubblico a Roma degno di questo nome. Ossia in linea con l’obiettivo di renderlo un’attività efficiente, di qualità, in grado di rispondere alle esigenze dei lavoratori e degli utenti, universale, con attenzione alle differenze sociali e di genere e alle classi di abitanti più in difficoltà per età, condizione di reddito, di abitazione, di precarietà lavorativa…

Un servizio che – con la riduzione progressiva dell’uso attualmente abnorme dei mezzi di trasporto individuali, con l’utilizzo del ferro rispetto alla gomma, con l’adozione di nuove tecnologie di propulsione e di organizzazione – diventi strumento efficace per arginare l’inquinamento a tutela della salute pubblica e per la realizzazione delle politiche della mobilità e della logistica di cui la città di Roma non può continuare a restare priva.

Un obiettivo di questa portata implica azioni rivolte alla modifica dell’organizzazione dello specifico servizio svolto da Atac e Roma TPL ma, contemporaneamente rivolte a modificare il governo della mobilità, dunque le politiche cittadine, metropolitane e regionali. L’incuria nei confronti del pendolarismo, l’assenza di una idea di modifica del peso del turismo, l’amministrazione urbanistica e abitativa subalterne al potere delle rendite, sono tutti aspetti che devono essere affrontati unitariamente a quelli specifici della regolazione della mobilità pubblica e privata regionale e urbana, del debito e dell’arretratezza di Atac, del deficit infrastrutturale della città.

Un primo passo importante in questa direzione è la volontà, emersa il 23 novembre, di procedere INSIEME, valorizzando il fatto di essersi conosciuti tra diversi Comitati (e tra differenti posizioni) verificando che pur partendo da esperienze anche distanti si è convenuto su questi decisivi punti comuni:

1.- Trasformazione di Atac da Società per Azioni in Azienda Pubblica Speciale, recuperando anche nella forma giuridica l’obiettivo di essere strumento immediato delle politiche comunali nonché aperto alla voce dei lavoratori e dei cittadini in merito alla programmazione, definizione delle priorità, gestione e controllo. Trasformazione che è necessaria se la missione della nuova organizzazione è quella più sopra delineata, in quanto è evidente che nessuna società per azioni (e men che meno le gare per il mercato) può porsi quegli obiettivi. È chiaro che la nuova Azienda speciale comprende anche il servizio ora svolto da Roma TPL.

1a. – Immediatamente è necessaria una legge speciale per Roma Capitale; ottenere adeguati finanziamenti dallo Stato e dalla Regione, superando la distorsione al ribasso che colpisce Roma; formare un Fondo comune trasparente che dia conto di tutti i finanziamenti (statali, regionali, comunali) in essere e programmati; predisporre e attuare una procedura di scelta degli amministratori di Atac che superi lo spoil system partitico in atto e recuperi competenza e indipendenza.
A tal fine si propone una Deliberazione comunale di iniziativa popolare che avvii i cambiamenti accennati.

1b.- Il fardello del debito troverà una prima sintesi il 19 dicembre prossimo quando i creditori saranno chiamati ad esprimersi sulle scelte che li riguardano in base alla procedura del concordato preventivo.
I Comitati hanno deciso di svolgere il giorno Martedi 10 Dicembre una Conferenza stampa nella quale presenteranno le proprie proposte in tema di debito, di immobili Atac, di interventi urgenti nelle periferie, di ampliamento delle corsie preferenziali, assicurando anche la continuità delle stesse nelle intersezioni, di liberazione delle fermate dalle auto in sosta, d’inizio della ricostruzione di una rete tramviaria articolata. Su questi punti i Comitati si impegnano a preparare note di indirizzo utili a costruire iniziative di approfondimento, informazione, raccolta di firme onde presentare al Comune specifiche Deliberazioni.

1c.- La trasformazione di Atac sarà possibile determinando una capacità di analisi, di progettazione e di composizione di differenti punti di vista su aspetti cruciali: dal sicuro connotato giuridico all’esame delle norme di settore; dalla programmazione esistente del contesto trasportistico ( metro c, Roma Lido e ferrovie concesse, ferrovie regionali, Saxa Rubra Laurentina, PUT, PUMS) ai cambiamenti indotti dall’evoluzione delle forme di trasporto; dalla mobilità alternativa ciclopedonale alle politiche utili per arginare il traffico privato, commerciale e turistico; dal rapporto con l’hinterland regionale della città metropolitana al deficit infrastrutturale e all’uso delle tecnologie. È evidente che i Comitati non ritengono di fare ciò da soli, ma suscitando quel dibattito pubblico che permetta a differenti punti di vista (di lavoratori, imprese, centri di ricerca, cittadini) di incrociarsi, consolidando un’azione collettiva.

2.- Superare il buco rappresentato dalla incapacità (o non volontà) del Comune di modificare l’assetto attuale della mobilità, obbligandolo a operare affinché si determini un processo di recupero democratico del governo della città. Perciò i Comitati hanno deciso di incontrare con la loro proposta in ogni Municipio, associazioni, abitanti, lavoratori, imprese, forze politiche e sindacali che si sono dimostrate sensibili al tema, per informarli di questo progetto, per valutarne la corrispondenza alle loro lotte o iniziative o riflessioni, prendendo da esse concretezza e credibilità. Un dialogo e una diagnosi essenziali al buon rafforzamento dell’itinerario qui delineato.

2a.- Un punto molto importante è che in questa azione si apra una discussione di merito sul “piano industriale di Atac” per farne il punto di verifica dell’Azienda speciale ed imprimere una torsione delle logiche aziendali alle crescenti necessità sociali; come pilastro a cui riferirsi per l’integrazione con FS e Cotral e per i provvedimenti da assumere in segmenti collegati (non di linea, taxi collettivo, scuole, disabili), di recupero delle “esternalizzazioni” e degli immobili necessari all’espansione del servizio su ferro.

3.- I Comitati riunitisi il 23 scorso si costituiscono in Comitato promotore per il perseguimento delle azioni sopra indicate. Aperti ovviamente a quanti vorranno farne parte. Attualmente il Comitato coordinatore è provvisorio e agli incontri tutti possono partecipare (si chiede che i Comitati promotori siano sempre rappresentati).

* i comitati presenti sono stati: Calma, Mejo de no, Atac Bene Comune, Mobilit@s, Comitato utenti lavoratori, Comitato No referendum Atac (Indipendenza), Forum Acqua Pubblica, Roma Nuovo Secolo, Coordinamento residenti città storica, il periodico “il Cielo sopra l’Esquilino”. Per altri impegni non hanno potuto partecipare il Comitato Pendolari Roma Lido, il Forum salviamo il paesaggio di Roma e Rieti, il Comitato per il tram Saxa Rubra Laurentina. Il Comitato No corridoio Roma Latina.

23 novembre 2018

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atac non smobilitiamo

Roma 29 novembre: verso la seconda fase della campagna su Atac e la situazione politica

Il punto su:

– situazione politica
– campagna Atac servizio pubblico (resoconto 2° incontro comitati)
– prossime iniziative

A Roma, giovedì 29 novembre 2018, alle ore 19,30
in via Luigi Barzini senior, 38
(tra metro Quintiliani e Monti Tiburtini; traversa di via Filippo Meda)

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indi 29 nov 18

Roma, 15 novembre: le prospettive d’azione dopo il referendum su Atac

Un grosso risultato politico l’esito del voto al referendum consultivo su Atac. Un’enorme soddisfazione.
L’affluenza alle urne di circa 386.900 cittadini su 2.363.989 iscritti al voto (il 16,3% degli aventi diritto) parla di un fallimento clamoroso per il fronte del SI. Un 16,3% che nello spoglio vede il prevalere del SI intorno al 74-75%, il che abbassa di 1/4 un consenso alla fine largamente inferiore rispetto alle previsioni. Il variegato fronte del NO quantomeno è riuscito a scoraggiare dal votare per il SI che appariva lanciatissimo in termini di consenso.

Fallisce così (per il momento, almeno) l’operazione ultraliberista di liberalizzare/privatizzare il trasporto pubblico a Roma, nonostante la gestione privatistica di S.p.A. e le responsabilità delle amministrazioni comunali che, come al governo centrale, hanno recepito l’impianto neoliberale di matrice euroatlantica che ha la sua significativa parte nel degrado del servizio e nel consentire ad affaristi e speculatori di fare il brutto ed il cattivo tempo.
Riceve una sonora sconfitta quel fronte promotore del SI che vedeva in questa battaglia un passaggio di tappa importante per +Europa e federalismo atlantico.

Si tratta ora di ragionare sul prosieguo della lotta su questo versante, insieme a quelle individualità e soggettività che, come “Indipendenza”, si sono spese nella battaglia referendaria. Giovedì 15 novembre 2018, a Tiburtina, alle 19,30, iniziamo una riflessione al riguardo.

via Luigi Barzini senior, 38
(tra metro Quintiliani e Monti Tiburtini; traversa di via Filippo Meda)

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dopo ref atac

CasaPound su Atac e Tav

Al referendum consultivo su Atac, CasaPound Italia (i “fascisti del III millennio”) invita a non votare. Il quesito, dicono in una nota, è posto male e pertanto auspicano che non venga raggiunto il quorum. Nella nota, dopo essersi detti contro la privatizzazione e aver criticato il disastro del trasporto pubblico romano (meglio sarebbe dire: della gestione privatistica del trasporto pubblico romano), motivano il loro invito testualmente così: “C’è il rischio che i cittadini proprio a causa di questo scenario disastroso e perché vittime della disinformazione, votino a favore della privatizzazione”.
Una motivazione talmente sballata, sconclusionata in sé, che vien da pensare ad ‘altro’. Stante, infatti, la valenza politica del referendum peraltro consultivo, a chi giova il non voto di chi si dice contro la privatizzazione? Ovviamente a quel fronte –a parole da CasaPound criticato– che ha promosso il SI, fautore della liberalizzazione (cioè dello spezzatino in lotti e micro-lotti, in monopolio di fatto privato a tempo, del trasporto pubblico a Roma), che significa “senza rischio d’impresa” derivando il lucro dai soldi pubblici ottenuti con l’aggiudicazione delle gare d’appalto per definizione al ribasso. Un fronte del SI sostenuto quindi dagli appetiti privatistici sulle gare d’appalto del servizio (ma si veda pure il pericolosissimo secondo quesito referendario) e anche da quelli speculativi di chi ambisce a mettere le mani sul patrimonio immobiliare di Atac.
Insomma, quesiti posti tutt’altro che “male” e su cui, di fatto, si consumano significative convergenze.

Un po’ come a Torino. A stretto giro di ore, infatti, CasaPound declina la sua partecipazione alla manifestazione pro-TAV (Treno ad Alta Velocità) nel capoluogo piemontese poi tenutasi sabato 10 novembre. All’ultimo momento, come degli Alice nel Paese delle Meraviglie, scoprono che la manifestazione ha tra i suoi promotori Partito Democratico e Forza Italia, e quindi, non volendo avere nulla a che fare con certe sigle, ritirano la loro adesione.
Altra scelta poco conseguente. Rifiutano di condividere la piazza con certi soggetti politici, salvo però non dissentire da una “Grande Opera” (la TAV Torino-Lione) dannosa all’ambiente, costosa, inutile, ma tanto tanto profittevole per aziende gravitanti ed intrecciate per interessi ed affinità ideologica proprio con quei soggetti politici da cui si vuol far vedere di prendere le distanze.
Una curiosità. Gli organizzatori della manifestazione di Torino hanno voluto connotarla con il colore “arancione”, lo stesso della “rivoluzione colorata” che in Ucraina vide fallire nel 2004 il primo tentativo di golpe euro-nazi-atlantico, vittorioso invece nel 2014 con l’ascesa al potere, insieme agli oligarchi ‘liberal’, di partiti neonazisti come Prawj Sektor e Svoboda –formazioni “camerate” di CasaPound– finanziariamente, politicamente, militarmente sostenute da Stati Uniti e Unione Europea.
Insomma, fascisteria ed atlantismo: un connubio che l’Italia dal secondo dopoguerra, almeno da Portella delle Ginestre (1° maggio 1947), ha tragicamente avuto modo di conoscere bene.

Verso il voto: le ragioni del NO al referendum Atac

Atac/11 novembre: perché votare NO

Atac: il NO al bar e al lavoro

Perché NO

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Confindustria Roma per il sì al referendum Atac: dubbi su cosa votare?

Confindustria Roma per il SI al referendum Atac: la principale organizzazione del padronato esprime la sua adesione alla prospettiva sostenuta da Radicali e Partito Democratico.

Se pensi che i tuoi interessi coincidano con i loro, vota SI.
Se invece pensi che le priorità siano i diritti, le ragioni del lavoro, la riconversione ambientale e la costruzione di un’alternativa di legalità costituzionale fondata sulla democrazia economica, la scelta è per il NO.

Invitiamo quindi ad utilizzare queste ore che ci separano dal voto per diffondere e far conoscere i nostri documenti tematici su Atac, le nostre rivendicazioni, l’evento facebook , ed il sito (comitato e associazione).

Verso il voto: le ragioni del NO al referendum Atac

Atac/11 novembre: perché votare NO

Atac: il NO al bar e al lavoro

Perché NO

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Verso il voto: le ragioni del NO al referendum Atac

vi invitiamo ad aderire all’evento facebook per il voto di domenica 11 e a divulgare il video/documento di seguito, oltre ovviamente agli altri documenti politici già elaborati.

Atac/11 novembre: perché votare NO

Atac: il NO al bar e al lavoro

Perché NO

 

– Per cosa si vota l’11 novembre a Roma?
Per la liberalizzazione del trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo, il che apre alla fattiva totale privatizzazione (primo quesito) e (secondo quesito) per “l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza”, cioè quel ‘capitalismo delle piattaforme’ (Uber, autobus low cost, riders…) che radicano il loro modello di impresa sulla disinvoltura fiscale, la deregolamentazione del lavoro e l’aggressione alle potestà regolative delle istituzioni pubbliche. Sistemi come Uber portano all’arricchimento di compagini societarie estere, peraltro tutt’altro che trasparenti. Per Indipendenza c’è anche un ulteriore motivo per rigettare questo tipo di operatori: esse sono espressione di quei vincoli derivanti dalla condizione di succube sudditanza dell’Italia alla filiera euroatlantica che ha reso il nostro Paese, dal secondo dopoguerra a oggi, sostanzialmente un protettorato atlantico.

– Quali sarebbero gli svantaggi di una liberalizzazione del trasporto pubblico a Roma?
Liberalizzare significa che le aziende senza rischio d’impresa utilizzano i finanziamenti pubblici, oltretutto usufruendo delle infrastrutture pubbliche (reti elettriche, binari, fermate, pensiline e probabilmente depositi) pagati dalla collettività. Ora, per ottenere un profitto, questo lo si ricaverà sulle spalle dei dipendenti (meno salario, peggioramento delle condizioni di lavoro, sfruttamento) e dei cittadini (taglio di linee non remunerative, soppressione di turni e bus in zone periferiche meno appetibili).

– Perché è importante andare a votare?
Per dare un segnale politico: il trasporto, come altri ambiti strategici, è un monopolio naturale pubblico. Il privato persegue il profitto, il pubblico no. Strutturalmente non è una differenza da poco. Metterli sullo stesso piano è più che forzato. Innescare meccanismi di concorrenza (se nei primi momenti può produrre meccanismi positivi) nel medio periodo determina un drastico peggioramento del sistema di trasporto. Quando si introducono questi meccanismi competitivi, di concorrenza, è inevitabile che tutto ricada sulla riduzione della manutenzione, dei salari dei lavoratori, della qualità del trasporto. È un dato di fatto. Dimostrabile proprio sull’esperienza romana della consorziata privata di Roma TPL, che (mal) gestisce il trasporto nelle periferie, e sulla base di quanto già avvenuto in diverse città e capitali in Europa (ritorno al monopolio pubblico) e sta avvenendo in altre. Il confronto con altre capitali europee chiarisce che le società pubbliche che ne gestiscono i servizi, oltre ad essere ben amministrate hanno come programmatori Enti pubblici capaci di governare i complessi problemi del settore. Laddove i fallimenti della privatizzazione si sono resi irrimediabili, si è determinato un avvio di rinazionalizzazione come nelle ferrovie inglesi.
Insomma, con una battuta: per essere cittadini e non clienti.

– Quali sono i problemi di Atac?
Atac è una Società per Azioni, ovvero un’impresa in cui la proprietà interamente pubblica non ne modifica lo scopo di lucro (nel nostro caso con effetti disastrosi). Prevalgono così sugli obiettivi sociali le valutazioni economico aziendali ed è per questo che i problemi Atac S.p.A. li ha finora affrontati al modo delle aziende private: con i tagli di linee e fermate, la precarizzazione del lavoro, il dumping sociale, l’appalto di proprie funzioni a ditte esterne all’azienda. I cittadini romani possono avere un termine di paragone guardando allo stato delle periferie (e chi vi abita lo sa bene) dove il Comune ha affidato più del 40% del servizio a Roma TPL. Lì la situazione è ancora più grave che nella parte di città servita da Atac. In un contesto concorrenziale è difficile imporre livelli normativi a tutela dell’utenza, dei lavoratori, dell’ambiente non più garantiti dall’intervento pubblico.

– A cosa sono dovuti?
A questa Atac S.p.A. indifendibile per la gestione che la caratterizza da almeno un paio di decenni circa, con la produzione di un abnorme debito, un pesantissimo invecchiamento delle vetture e delle infrastrutture, una formidabile obsolescenza tecnologica, una incapacità grave nell’organizzazione del personale. Una “mala gestione” costellata da fenomeni di corruzione, prodotta da una elefantiaca dirigenza frutto del prevalere di interessi delle oligarchie politiche sugli interessi generali. È lampante la corresponsabilità di lunga data delle amministrazioni comunali, unico azionista di Atac, e di Atac medesima nella pessima conduzione dell’azienda, in un generale abbandono che –non è la prima volta– sembra fatto apposta per aprire le porte ai privati.

– Perché votare no?
Per dire NO al peggioramento del servizio che avrebbe con la vittoria del SI un preoccupante volàno politico-mediatico. La situazione in cui ci ritroviamo adesso è figlia delle politiche degli ultimi 25 anni volte a liberalizzare. Il paradosso è che chi perora il SI attaccando Atac, attacca un modello societario ispirato proprio alla liberalizzazione. Lo scioglimento del paradosso è che chi ha indetto il referendum lo fa perché vuole eliminare quel formale riferimento alla attuale proprietà del Comune.
Insomma, un NO che sia solo il primo passo per una battaglia politica che deve continuare.

– Con quali rivendicazioni ed obiettivi?
Vediamo i principali.
Trasformazione di Atac S.p.A. in Azienda Speciale, ovvero, secondo la legge, un ente strumentale del Comune senza scopo di lucro. Quindi società di diritto pubblico, braccio del comune, veramente pubblica, non una SpA.
Miglioramento dell’infrastruttura (che dire insufficiente è dir poco) sbilanciata sulla gomma, dando così uno ‘strumento’ ottimale per il gestore.
Individuazione di una dirigenza controllata dal pubblico ma sottratta al clientelismo partitico con meccanismi di controllo e partecipazione da parte degli utenti e dei lavoratori mediante strumenti specifici per il loro accreditamento e intervento nei meccanismi di gestione dell’ente, coerentemente con l’art. 43 della Costituzione.
Riassunzione del servizio all’interno delle strutture amministrative del Comune e rientro nell’azienda effettivamente pubblica dei servizi esternalizzati (la manutenzione, ad es.), cioè dati in affidamento ai privati.
Polo pubblico per la produzione di autobus, tram e bus elettrici, nell’ottica di promuovere nuove filiere economico-occupazionali e riconversione produttiva. Oggi come oggi le forniture vanno per la sostanziale totalità all’estero, quindi ad alimentare filiere ed economie altrui. Perché toglierci la possibilità di decidere materialmente sulla produzione industriale?
Tutto questo rimanda ovviamente a qualcosa di più generale e ‘strategico’. Senza mettere in discussione le regole dell’Unione Europea su intervento pubblico, mercato e messa a gara (sia dei servizi che degli appalti) non si può pensare a nessun rilancio e a nessuna riconversione. La battaglia quindi riguarda anche il più vasto tema del se/cosa/come produrre e verso quali obiettivi sociali.

– Il Comitato del No cesserà la sua attività dopo il voto o proseguirà la sua opera con altri programmi e iniziative?
Come si diceva il tema non si archivia, quale che sia l’esito della consultazione referendaria. La vittoria del SI peggiorerebbe lo status quo, ma la stessa vittoria del NO la vediamo come un presupposto, una condizione necessaria ma non sufficiente, perché anche il mantenimento di detto status quo è inaccettabile. Puntiamo a proseguire sulla base delle direttrici sopra indicate, e confidiamo di farlo d’intesa con quei comitati del NO con i quali abbiamo stretto rapporti e stiamo condividendo questa comune battaglia referendaria.

intervista doppia SI/NO in ‘Il ventriloco’-Trastevere

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