Bilancio della campagna (prima fase) di Indipendenza sul trasporto pubblico a Roma

Di seguito l’impegno di “Indipendenza”, con il suo “Comitato No referendum Atac”:

– apertura di un sito sul tema e connessa casella di posta elettronica (comitatonoreferendumatac@gmail.com) con gli scritti volta a volta divulgati sia sulle reti sociali, sia tramite l’indirizzario elettronico di “Indipendenza”;

– iniziative promosse autonomamente ed altre in cui, su invito, siamo intervenuti:

Roma, 9 novembre: assemblea per il NO a Tor Bella Monaca

Roma, 7 novembre: assemblea per il no al referendum Atac

Ostia, 6 novembre: assemblea per il no al referendum Atac

Roma, 5 novembre: Referendum Atac all’Università Tor Vergata

Roma, 30 ottobre: verso il referendum Atac/Le ragioni del NO;

– interviste uscite su diverse testate locali ( il ventrilocoforItalynews ; Le Petit Journal)

– auto-produzione di un video

– incontri di gruppo all’aperto e soprattutto a domicilio (sollecitando particolarmente i sostenitori del SI ad invitare a casa propria parenti, amici, vicini, conoscenti e, al termine degli incontri, invito a rilanciare ‘a catena’ il materiale informativo esposto, via posta elettronica. Alla fine, dato il numero delle richieste, abbiamo risposto al maggior numero possibile di inviti, non a tutti), modalità quest’ultima da sviluppare anche in altre occasioni;

– diffusione, pur non in tutte le occasioni, della rivista.

Sul trasporto pubblico a Roma i giochi restano aperti. Non solo perché i Radicali hanno annunciato che ricorreranno al TAR in riferimento alla modifica dello Statuto di Roma Capitale che abolisce il quorum e dunque per ottenere la validità ed efficacia della consultazione, pur se delegittimata sul piano popolare. Non solo perché a dicembre l’assemblea dei creditori darà o meno il via libera al concordato. Non solo perché non è scongiurata la prospettiva della messa a gara del servizio di trasporto pubblico, vista la proroga fino al dicembre 2021 dell’affidamento “in house” ad Atac del servizio di trasporto pubblico locale. La questione resta aperta per chi, come Indipendenza, battendosi al referendum per il NO, l’ha inteso non come atto di conservazione dello status quo, ma come premessa indispensabile per un rilancio effettivo di un ruolo pubblico nel sociale.

Di qui il dovere morale e politico di proseguire questa lotta, rifiutando la natura odierna di Atac come SpA: si tratta di aprire un fronte sociale e politico per un servizio / gestione pubblica, per l’istituzione di un’azienda speciale pubblica metropolitana in cui siano ricomprese nel perimetro le linee ed i dipendenti della Roma TPL. Una risposta al modello dominante con quello che a tutti gli effetti dovrebbe prefigurarsi come un vero e proprio esperimento di democrazia economica e legalità costituzionale, in continuità quindi con la parte ‘positiva’ della nostra proposta politica nella campagna referendaria, a saldarsi anche con altri snodi come la politica industriale e la riconversione ambientale nella mobilità.

Sappiamo che questo andrà di per sé ad impattare con il quadro vincolistico, liberalizzatore e privatizzatore, della piattaforma neoliberista dell’Unione Europea. Del resto la specificità del comitato che come “Indipendenza” abbiamo messo in piedi è stata proprio quella di collegare una catena di ‘perché’ che dal contesto generale (Unione Europea e connivenze pluridecennali delle classi dirigenti di questo Paese) interferisce in modo decisivo fino all’ambito territoriale locale (ed il trasporto è solo uno degli ambiti, peraltro essenziale data la sua rilevanza d’interesse collettivo).

Non è cosa da poco per “Indipendenza” aver comunicato certe istanze. Non è cosa da poco il ‘nodo’ della sovranità politica e dei diritti sociali che era incorporato nel referendum e che continua ad esserlo nella lotta per la piena e fattiva ripubblicizzazione del trasporto locale capitolino. Non è una posta in gioco di poco conto, ed “Indipendenza” continuerà a portare il proprio contributo nella lotta.

Comitato NO referendum Atac – Indipendenza

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org

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Verso il voto: le ragioni del NO al referendum Atac

vi invitiamo ad aderire all’evento facebook per il voto di domenica 11 e a divulgare il video/documento di seguito, oltre ovviamente agli altri documenti politici già elaborati.

Atac/11 novembre: perché votare NO

Atac: il NO al bar e al lavoro

Perché NO

 

– Per cosa si vota l’11 novembre a Roma?
Per la liberalizzazione del trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo, il che apre alla fattiva totale privatizzazione (primo quesito) e (secondo quesito) per “l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza”, cioè quel ‘capitalismo delle piattaforme’ (Uber, autobus low cost, riders…) che radicano il loro modello di impresa sulla disinvoltura fiscale, la deregolamentazione del lavoro e l’aggressione alle potestà regolative delle istituzioni pubbliche. Sistemi come Uber portano all’arricchimento di compagini societarie estere, peraltro tutt’altro che trasparenti. Per Indipendenza c’è anche un ulteriore motivo per rigettare questo tipo di operatori: esse sono espressione di quei vincoli derivanti dalla condizione di succube sudditanza dell’Italia alla filiera euroatlantica che ha reso il nostro Paese, dal secondo dopoguerra a oggi, sostanzialmente un protettorato atlantico.

– Quali sarebbero gli svantaggi di una liberalizzazione del trasporto pubblico a Roma?
Liberalizzare significa che le aziende senza rischio d’impresa utilizzano i finanziamenti pubblici, oltretutto usufruendo delle infrastrutture pubbliche (reti elettriche, binari, fermate, pensiline e probabilmente depositi) pagati dalla collettività. Ora, per ottenere un profitto, questo lo si ricaverà sulle spalle dei dipendenti (meno salario, peggioramento delle condizioni di lavoro, sfruttamento) e dei cittadini (taglio di linee non remunerative, soppressione di turni e bus in zone periferiche meno appetibili).

– Perché è importante andare a votare?
Per dare un segnale politico: il trasporto, come altri ambiti strategici, è un monopolio naturale pubblico. Il privato persegue il profitto, il pubblico no. Strutturalmente non è una differenza da poco. Metterli sullo stesso piano è più che forzato. Innescare meccanismi di concorrenza (se nei primi momenti può produrre meccanismi positivi) nel medio periodo determina un drastico peggioramento del sistema di trasporto. Quando si introducono questi meccanismi competitivi, di concorrenza, è inevitabile che tutto ricada sulla riduzione della manutenzione, dei salari dei lavoratori, della qualità del trasporto. È un dato di fatto. Dimostrabile proprio sull’esperienza romana della consorziata privata di Roma TPL, che (mal) gestisce il trasporto nelle periferie, e sulla base di quanto già avvenuto in diverse città e capitali in Europa (ritorno al monopolio pubblico) e sta avvenendo in altre. Il confronto con altre capitali europee chiarisce che le società pubbliche che ne gestiscono i servizi, oltre ad essere ben amministrate hanno come programmatori Enti pubblici capaci di governare i complessi problemi del settore. Laddove i fallimenti della privatizzazione si sono resi irrimediabili, si è determinato un avvio di rinazionalizzazione come nelle ferrovie inglesi.
Insomma, con una battuta: per essere cittadini e non clienti.

– Quali sono i problemi di Atac?
Atac è una Società per Azioni, ovvero un’impresa in cui la proprietà interamente pubblica non ne modifica lo scopo di lucro (nel nostro caso con effetti disastrosi). Prevalgono così sugli obiettivi sociali le valutazioni economico aziendali ed è per questo che i problemi Atac S.p.A. li ha finora affrontati al modo delle aziende private: con i tagli di linee e fermate, la precarizzazione del lavoro, il dumping sociale, l’appalto di proprie funzioni a ditte esterne all’azienda. I cittadini romani possono avere un termine di paragone guardando allo stato delle periferie (e chi vi abita lo sa bene) dove il Comune ha affidato più del 40% del servizio a Roma TPL. Lì la situazione è ancora più grave che nella parte di città servita da Atac. In un contesto concorrenziale è difficile imporre livelli normativi a tutela dell’utenza, dei lavoratori, dell’ambiente non più garantiti dall’intervento pubblico.

– A cosa sono dovuti?
A questa Atac S.p.A. indifendibile per la gestione che la caratterizza da almeno un paio di decenni circa, con la produzione di un abnorme debito, un pesantissimo invecchiamento delle vetture e delle infrastrutture, una formidabile obsolescenza tecnologica, una incapacità grave nell’organizzazione del personale. Una “mala gestione” costellata da fenomeni di corruzione, prodotta da una elefantiaca dirigenza frutto del prevalere di interessi delle oligarchie politiche sugli interessi generali. È lampante la corresponsabilità di lunga data delle amministrazioni comunali, unico azionista di Atac, e di Atac medesima nella pessima conduzione dell’azienda, in un generale abbandono che –non è la prima volta– sembra fatto apposta per aprire le porte ai privati.

– Perché votare no?
Per dire NO al peggioramento del servizio che avrebbe con la vittoria del SI un preoccupante volàno politico-mediatico. La situazione in cui ci ritroviamo adesso è figlia delle politiche degli ultimi 25 anni volte a liberalizzare. Il paradosso è che chi perora il SI attaccando Atac, attacca un modello societario ispirato proprio alla liberalizzazione. Lo scioglimento del paradosso è che chi ha indetto il referendum lo fa perché vuole eliminare quel formale riferimento alla attuale proprietà del Comune.
Insomma, un NO che sia solo il primo passo per una battaglia politica che deve continuare.

– Con quali rivendicazioni ed obiettivi?
Vediamo i principali.
Trasformazione di Atac S.p.A. in Azienda Speciale, ovvero, secondo la legge, un ente strumentale del Comune senza scopo di lucro. Quindi società di diritto pubblico, braccio del comune, veramente pubblica, non una SpA.
Miglioramento dell’infrastruttura (che dire insufficiente è dir poco) sbilanciata sulla gomma, dando così uno ‘strumento’ ottimale per il gestore.
Individuazione di una dirigenza controllata dal pubblico ma sottratta al clientelismo partitico con meccanismi di controllo e partecipazione da parte degli utenti e dei lavoratori mediante strumenti specifici per il loro accreditamento e intervento nei meccanismi di gestione dell’ente, coerentemente con l’art. 43 della Costituzione.
Riassunzione del servizio all’interno delle strutture amministrative del Comune e rientro nell’azienda effettivamente pubblica dei servizi esternalizzati (la manutenzione, ad es.), cioè dati in affidamento ai privati.
Polo pubblico per la produzione di autobus, tram e bus elettrici, nell’ottica di promuovere nuove filiere economico-occupazionali e riconversione produttiva. Oggi come oggi le forniture vanno per la sostanziale totalità all’estero, quindi ad alimentare filiere ed economie altrui. Perché toglierci la possibilità di decidere materialmente sulla produzione industriale?
Tutto questo rimanda ovviamente a qualcosa di più generale e ‘strategico’. Senza mettere in discussione le regole dell’Unione Europea su intervento pubblico, mercato e messa a gara (sia dei servizi che degli appalti) non si può pensare a nessun rilancio e a nessuna riconversione. La battaglia quindi riguarda anche il più vasto tema del se/cosa/come produrre e verso quali obiettivi sociali.

– Il Comitato del No cesserà la sua attività dopo il voto o proseguirà la sua opera con altri programmi e iniziative?
Come si diceva il tema non si archivia, quale che sia l’esito della consultazione referendaria. La vittoria del SI peggiorerebbe lo status quo, ma la stessa vittoria del NO la vediamo come un presupposto, una condizione necessaria ma non sufficiente, perché anche il mantenimento di detto status quo è inaccettabile. Puntiamo a proseguire sulla base delle direttrici sopra indicate, e confidiamo di farlo d’intesa con quei comitati del NO con i quali abbiamo stretto rapporti e stiamo condividendo questa comune battaglia referendaria.

intervista doppia SI/NO in ‘Il ventriloco’-Trastevere

comitatonoreferendumatac@gmail.com

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org